Perché il brodo de La Granda è diverso?
Il Brodotto è la massima espressione della cucina di casa reinterpretata secondo “La Granda”.
Il brodo è l’elemento primordiale della nostra cucina.
Quello de La Granda, unisce la genuinità delle verdure alla sapidità della carne di Piemontese senza aggiungere sale.
Il BRODOTTO è diverso perché:
Contiene il 20% di vera carne
È senza sale aggiunto
È senza grassi
È Presidio Slow Food
La carne utilizzata è quella del Consorzio La Granda, a cui aderiscono oltre 70 allevatori della provincia di Cuneo, rispettando un rigido disciplinare.
Dalle stalle alle stelle. Dalle cascine all’alta cucina. L’improbabile storia del brodo.
Gli ingredienti di casa. La cottura lenta. La ricetta della nonna.
Il Brodotto, brodo di carne di Razza Piemontese accompagnato esclusivamente da verdure e senza sale aggiunto, segue la ricetta della tradizione custodita sapientemente dalle nonne.
A loro ci siamo ispirati per il nostro Brodotto, alle nonne che ci hanno tramandato l’attenzione per il cibo sano e il piacere della tavola.
“È da poco passato il tempo della merenda. Il cielo è illuminato dal sole. I bambini giocano in cortile. Nelle cucine domestiche, le massaie, ancor prima di imbastire la cena, mettono una pentola d’acqua sul fuoco per il brodo. Molte di loro preferiscono la temperatura del putage che, potrà così garantire una cottura lunga e delicata”.
Che venga considerato come ingrediente base o come vero e proprio piatto, il brodo è un apartitico della cucina tradizionale italiana: nessuna tipicità regionale può prescindere dal suo utilizzo. È infatti indispensabile come base per le tante quanto diverse zuppe che caratterizzano lo stivale; così come per brasati, arrosti e stracotti ma anche verdure. L’impiego di verdure e carne per la sua realizzazione, ha garantito al brodo un piacere gustativo. Ma non è tutto.
La sua storia, e forse la sua fama, è dovuta alle sue doti curative. In un vecchio manoscritto, da autore non ancora certo del ‘200, si legge: “Quando le puerpere e i malati siano deboli ed abbiano disgusto dei cibi vegetali e voglia di mangiar carne […] Se questi non riesce a inghiottire perché ha la gola secca e chiusa, occorre dargli da bere una buon brodo di carne che sia cibo e bevanda”.
Se, con un salto temporale, ci si sposta nel ‘700, a Parigi, ci troveremmo davanti a Bouillons, che, presto, diventarono Bouillons Restaurant, locali atti a ristorare. Ad avere la prerogativa come palliativo era proprio il brodo.
Restiamo in Italia dove, la cultura contadina ha avuto la prerogativa nell’istituzione del brodo. Questo è stato degno compagno delle grandi rivoluzioni gastronomiche: tortelli e cappelletti tra gli altri.
Nonostante la cucina domestica sopravviva grazie alle nonne, desiderose di lasciare il testimone, pare che per il brodo si apre un nuovo capitolo. Di lui, se ne stanno occupando le stelle della cucina: c’è quello d’oro di Massimiliano Alajmo ma anche le proposte di Andrea Berton e Paolo Lopriore. Che venga variato o reinterpretato, la strada da percorrere resta quella del passato.