Questioni di Etica: il punto di vista del consorzio Piemontese Presidio Slow Food

Che cosa rende la vita di un vegano più etica di quella di un onnivoro? O meglio, perché la vita di un onnivoro deve essere considerata meno etica di quella di un vegano? Come è possibile che, nel 2017, dopo 27 secoli da quella che viene considerata la nascita della filosofia, si disponga della risposta ad una delle questioni umane: che cos’è l’etica?

In un turbine di hastag dedicati all’etica, dalla cucina alle imprese, dai cosmetici alle bibite, che cosa significa essere additati come specisti, ovvero coloro che mettono su piani diversi la vita dell’uomo e quella degli animali. Se, sul banco degli imputati, c’è un’azienda di trasformazione carni, anzi, un consorzio, un’associazione e oltre cento famiglie, è ancor più complesso fornire una risposta.


 

Il filo d’Arianna va quindi ricondotto ad una staffetta che vuole ai blocchi di partenza il concetto di benessere, e conseguentemente quello di salute, sia esso per la terra e per la vita, in ogni sua forma. La coscienza d’impresa passa quindi per l’uomo che, buona o cattiva sorte, gioca la sua partita al fianco della natura.

Dell’uomo è stata presa in causa la sua massima enunciazione: la famiglia. Non siamo dalla parte né delle galline parlanti, né dei meteoriti improvvisi. Crediamo nello scontro generazionale: dalle mani rigate negli anni alle mani ancora pulite. Per questo motivo La Granda ha scelto di valorizzare il lavoro degli allevatori. Per La Granda etica è garantire un prezzo fisso, dare lavoro con continuità e non uccidere le aziende secondo le regole di un mercato sempre più competitivo e meno qualitativo.


 

La matassa rischia però di annodarsi sotto i nostri piedi. Ciò che calpestiamo non sono solo suole di plastica Made in chissadove, ma vita. E la vita, in un’espressione che potrebbe stridere l’occhio alla medicina, va salvaguardata in ogni sua forma, anche, e qualora, si tratti di un microbo. Il sottosuolo ne è pieno ma spesso ce ne dimentichiamo o, forse, non ancora sappiamo quanto bene potrebbero fare al nostro corpo. Ma non è solo una storia egoista. Quella ricchezza sottoterra fa bene alla stessa terra, e allora, cerchiamo di essere altruisti ed egoisti nello stesso tempo.

La Granda ha quindi scelto di dire no alla chimica e di controllare e combattere per la fertilità del nostro suolo. Di quest’eredità ne siamo certi e vogliamo il meglio. Siamo poi per le cose semplici e, concimiamo solo con il letame. Investiamo nei prati, perché anche questi possano essere coltivati secondo la biodiversità di ogni luogo.


 

Partiamo, anzi torniamo, all’articolo di Matteo Leonardon per The Vision che ha ispirato questa riflessione. È in corso una battaglia: da una parte ci sono i vegani, dall’altra semplicemente quelli che mangiano anche la carne. Secondo i primi, sensibilità ed etica si stringono la mano e, se l’arte vegan è una scelta personale non vi è nulla da sindacare. Sull’etica, ci appelliamo invece al beneficio del dubbio, elogiato ed ‘elargito’ dal noto Socrate. Non crediamo infatti vi possa essere una risposta e siamo ancora per l’apertura del dibattito. Non abbiamo concetti sintetici e precisi ma fili che s’incrociano e s’annodano sull’idea di armonia.

Questa passa, di nuovo, intorno all’immagine di benessere anche per il mondo degli animali. La Granda ha infatti scelto di rispettare la fisiologia dei capi, di promuovere la linea vacca-vitello nelle stalle e di scegliere solo alimenti della terra per la nutrizione dei bovini. Il benessere viene rispettato in ogni fase della pratica zootecnica fino all’arte trinciante per giungere alla cucina.

La scelta a cui noi consumatori siamo costretti a rispondere non è solo tra un hamburger di quinoa o di Razza Piemontese. Abbiamo la responsabilità di scegliere una filosofia, di filiera e di vita.