Giorgio Arnaudo: l’allevatore che coltiva la cultura dell’allevamento e dell’alpeggio
Con La Granda per unire la ricerca all’esperienza contadina lungo la strada della qualità
Il contrasto: una corona bianca e la stola verde. Gli intrecci lignei e le loro variazioni equilibrate. Il calore della quotidianità familiare ricamato nelle tende di lino.Scorcio di un’antica quanto attuale stube, stanza storicamente rivestita in legno e tipica delle aree alpine. Frammento visivo ricavato dalle caratteristiche malghe, costruzioni in pietra e adibite all’alpeggio.
Si apre così la finestra su Demonte, piccolo borgo nella provincia di Cuneo, noto a partire dal XII secolo, situato nel centro della Valle Stura.
Qui, da un tempo che non ha memoria, la famiglia Arnaudo coltiva la terra ma soprattutto la cultura dell’allevamento e dell’alpeggio.
Complice in quest’azione anche il territorio. L’altitudine, 800 metri sul livello del mare, e l’aria montana, Demonte si rivolge all’Arco Alpino dove svetta l’Ischiator, hanno reso questo comune locus amoenus. L’espressione latina indica uno spazio felice, per l’uomo così come per gli animali, dove è sovrana la natura. Estraneo alla frenesia urbana e alle sue tensioni, Demonte si è infatti caratterizzato proprio per la dedizione all’arte agricola e zootecnica. È inoltre in questo comune che si è costituita parte della genetica della Razza Piemontese.
Le bianche, hanno sempre caratterizzato gli allevamenti della famiglia Arnaudo.
“Certo è cambiato il modo e il perché dell’allevare. Oggi il lavoro è meno faticoso ma purtroppo mancano le mani. Facciamo un passo indietro. Mio padre e mio nonno praticavano un’agricoltura e una zootecnia di sussistenza. Già si allevava la Razza Piemontese ma erano pochi capi. C’è stato poi lo spopolamento delle montagne ma la mia famiglia non ha mai voluto abbandonare le sue radici, combattendo contro una tendenza e un sistema. Gli anni hanno visto un cambiamento anche nel mercato fino all’esasperazione degli ultimi tempi dove il commerciante aveva la meglio”, racconta Giorgio Arnaudo, alla guida dell’azienda.
Nell’azienda di Giorgio Arnaudo le attività di alpeggio e pascolo sono le protagoniste dalla primavera all’autunno. La terra è curata e anche il prato si coltiva: si possono contare anche quindici varietà di erbe in un solo metro quadrato. I bovini di Razza Piemontese che, si nutrono di quelle erbe, sono liberi di pascolare e nelle settimane più calde dell’anno raggiungono anche le quote più alte, oltre 2000 metri. Tra folclore e tradizione, è il solstizio d’estate a sancire la trasumanza, quando animali e pastori salgono lungo i pendii delle Alpi.
Coltivare la terra per produrre la carne significa assumersi la responsabilità della qualità. Solo in questo modo, secondo Giorgio Arnaudo, si può garantire un’eredità ai propri figli. Si è così complici nel futuro del pianeta.
Nel 2012, il pensiero di Giorgio Arnaudo si concretizza nell’adesione a La Granda. “Essere parte de La Granda mi rende orgoglioso perché posso garantire una carne migliore. Ho potuto così unire la ricerca all’esperienza contadina lungo la strada della qualità. Oltre a questo, si aggiunge la garanzia per noi allevatori”. Sono le parole di Giorgio Arnaudo che destina un importante ruolo al consumatore. “È lui che deve scegliere un prodotto diverso. Si offre così un rispetto superiore al contadino e all’allevatore che trattano la terra e l’animale in maniera diversa”.