La Torre del Garbino: oltre l’esoterismo, il luogo in cui i Cavallero hanno coltivato la passione per l’allevamento di Piemontese
La Granda: la strada giusta per chi crede nell’arte zootecnica.
La Torre del Garbino. Eretta verso il 1400. Modificata nel 1675. Restaurata nel 1900 da Federico Sacco.
Questo è quanto si legge nell’affresco che compare nel punto più alto della Torre del Garbino. La si può scorgere lungo la strada che conduce verso l’allevamento di Bruno Cavallero ma, la Torre del Garbino, con la sua storia centenaria, intrisa di mistero, può essere ammirata nella sua unità solo all’interno del cortile della cascina Cavallero.
La leggenda racconta che la torre e la struttura adiacente fossero un vecchio convento collegato, tramite cunicoli sotterranei, ad altri tre presenti nella frazione di San Vittore a Fossano.
Oltre l’esoterismo, la Torre del Garbino con la sua cascina rappresenta il luogo, per i Cavallero, dove è nata ed è stata alimentata la passione per la zootecnia.
Qui, vi si trasferisce nel 1911 Bartolomeo Cavallero, classe 1883, a cui segue Antonio del 1911 e Bruno, nato del 1947 e oggi ancora alla guida dell’azienda.
Ed è proprio Bruno, nel 1970, dopo oltre cinquant’anni in affitto, ad acquistare la cascina e la terra adiacente al prezzo di un milione e ottocento mila lire.
Al momento dell’acquisto si contavano poco più di tre ettari di terreno e 50 capi di Razza Piemontese. Passano dieci anni, e, sotto la Torre del Garbino, i bovini sono 75 e, nel 1985, solo cinque anni dopo, sono oltre 200.
“L’allevamento di Piemontese appartiene alla genetica di questa famiglia. Non avrei mai potuto tradire quella che è una tradizione ma soprattutto una passione dei Cavallero. La campagna mi ha sempre emozionato ed affascinato. Mai avrei scelto un percorso diverso da quello solcato dai miei genitori”, racconta Bruno Cavallero.
È stata poi l’amicizia con Sergio Capaldo, l’allora veterinario dell’azienda agricola, a farsi ambasciatrice del cambiamento.
“Era il 1996. Eravamo un gruppo d’amici che presto si sarebbe trasformato in qualche cosa di più. C’ero quel 21 giugno 1997 quando Sergio Capaldo inventò la battuta al coltello ma soprattutto c’ero quel giorno del 1998 quando si andò a firmare l’atto di costituzione de La Granda”, ricorda Bruno.
Ricerca dell’equilibrio, riconoscimento dell’essere allevatore, soddisfazione, profondo legame, mettersi in gioco. Queste le parole con cui Bruno Cavallero racconta la sua Granda.
Una Granda che, nella cascina, non ha implicato notevoli cambiamenti. Da sempre i Cavallero hanno prestato attenzione al benessere animale e hanno optato per la linea vacca-vitello.
Di comune accordo, dichiarano Bruno e la moglie Annamaria:” La Granda è la strada giusta per chi crede nell’arte della zootecnia”.
In cascina, intanto, cresce la piccola Emma, nipote di Bruno e Annamaria, che sogna, da grade, di diventare curatrice degli animali. Sotto la Torre del Garbino le opportunità non mancano.